Dall’assalto a Capitol Hill all’insediamento di Biden: oggi, ai nostri microfoni, il commento del sociologo Marco Revelli

Il 2021 ha preso il via con un fatto storico. Per la prima volta dalla proclamazione dell’indipendenza nel 1776, un gruppo di cittadini americani ha dato l’assalto al palazzo del congresso americano.

Mentre senatori e deputati si trovavano riuniti per certificare l’elezione del nuovo presidente Joe Biden, i sostenitori del presidente uscente e candidato sconfitto, hanno fatto irruzione nel Capitol Hill per contestare il risultato elettorale.

Prima ancora dell’insurrezione dei trumpisti, alcuni senatori e deputati del Partito Repubblicano avevano promosso una risoluzione per obiettare alla volontà dei Grandi Elettori (un fatto più unico che raro) sostenendo che ci fossero stati brogli nelle elezioni presidenziali.

I fatti del 6 gennaio sono stati definiti l’attentato alla più importante democrazia del mondo. Fanno tremare le vene ai polsi  dichiarazioni strumentali come quelle del presidente dello stato islamico iraniano, secondo cui “Ciò che è avvenuto a Washington dimostra che fallimento sia la democrazia occidentale”.

Le elezioni americane rappresentano infatti da secoli l’icona della democrazia occidentale, che la potenza militare degli Stati Uniti ha innalzato come proprio vessillo nel mondo.

A turbare di più le coscienze, è il fatto che l’attentato non sia venuto da fuori, dai cattivi contro i buoni, come in certa filmografia statunitense, ma dagli stessi elettori americani.

Per riascoltare il podcast dell’intervista a Marco Revelli clicca qui sotto: